mercoledì 11 giugno 2014

McLintock! (1963)

Locandina del film
McLintock! è una commedia western del 1963 diretta da Andrew V. McLaglen e che ha per protagonista John Wayne. Si tratta di uno dei film di maggior successo di John Wayne, anche se i toni del film hanno nel tempo diviso la critica e l'audience tra chi ha apprezzato il film e chi no.

Nel film John Wayne interpreta un ricco proprietario terriero che ha fatto fortuna allevando bestiame. All'inizio del film viene messa in risalto la sua condizione di single: quando non è intento a giocare a scacchi, passa il tempo libero a ubriacarsi e, nel tornare a casa, si esibisce in un numero in cui risulta infallibile: lanciare il cappello in cima alla banderuola segnavento in cima al tetto.
Un giorno McLintock assume Dev (Patrick Wayne, il figlio di John), un ragazzo appena trasferitosi nella zona in cerca di fortuna, assieme alla sorella minore e alla madre Louise Warren (Yvonne De Carlo), che viene assunta come cuoca.
È a questo punto che compare la moglie di McLintock, Katherine (Maureen O'Hara), che lo aveva lasciato due anni prima perché sospettava che la tradisse.
Il motivo del suo ritorno al ranch, oltre alla richiesta di divorzio, è la loro figlia Becky (Stefanie Powers), di ritorno dal collegio, e di cui vuole ottenere l'affidamento, cosa a cui ovviamente McLintock si oppone.
Becky è inizialmente attratta da Douglas (Jerry Van Dyke), ma presto si innamorerà di Dev. La situazione tra McLintock e la moglie è molto più burrascosa, e si risolverà con un frenetico inseguimento per tutto il paese che si conclude con Mclintock che prende a sculacciate la moglie, convincendola a tornare con lui.

In primo piano John Wayne intento a sculacciare
Maureen O'Hara, mentre sullo sfondo Patrick
Wayne e Stefanie Powers osservano divertiti.
Questa commedia, liberamente ispirata alla commedia "La bisbetica domata" di William Shakespeare, all'epoca fu un gran successo. Onestamente ho iniziato a guardare il film con un po' di titubanza, perché in genere preferisco guardare western più "seri", ma già a metà del film mi sono dovuto ricredere, e alla fine ho dovuto ammettere che nel complesso mi sono anche divertito. Ovviamente il film è tutt'altro che perfetto: ho trovato un po' eccessive le scene musicali, e forse si poteva fare a meno di qualche altra scena che rallenta il ritmo del film.
 È evidente guardando il film come John Wayne fosse molto a suo agio nella parte di George Washington McLintock, ma anche il resto del cast svolge un ottimo lavoro. Da menzionare l'ottima interpretazione di Maureen O'Hara, che abbiamo già visto al fianco di John Wayne nel film RioGrande.
In realtà considerare questo film come una semplice commedia sarebbe in parte riduttivo, in quanto il film presenta anche una certa componente politica che secondo molti critici rispecchia la visione politica e non solo di John Wayne.
John Wayne e Yvonne de Carlo
in un'altra scena del film. 
Quella che traspare è una visione molto conservatrice riguardo a molti aspetti, come per esempio la famiglia e il ruolo un po' subordinato della donna, ma in parte viene bilanciata da aspetti più liberali, come per esempio la tutela dei diritti dei Nativi Americani, o la decisione di McLintock di lasciare gran parte della sua proprietà al governo americano dopo la sua morte.


Per concludere, si tratta di una commedia che a distanza di 50 anni è ancora in grado di divertire, ma soprattutto rimane un film essenziale la cui visione della società e della politica influenzerà gran parte dei successivi film western di John Wayne.

giovedì 5 giugno 2014

Downton Abbey - Terza stagione

Locandina della terza
stagione
Dopo una prima stagione celebrata come un capolavoro e una seconda stagione che è riuscita a mantenere alto il livello qualitativo della serie, nel 2012 viene trasmessa la terza stagione di Downton Abbey.

Questa nuova stagione inizia da dove si era interrotta la precedente, ossia il tanto atteso matrimonio tra Matthew e Mary, che viene celebrato non senza qualche tribolazione.
Infatti Robert, a causa di investimenti sbagliati, ha perso tutta la dote di Cora, e quindi rischia di perdere Downton Abbey. Nello stesso periodo Matthew scopre di essere l'unico erede dell'immensa fortuna posseduta dal padre di Lavinia; tale denaro sarebbe più che sufficiente a salvare la tenuta di famiglia, ma Matthew è intenzionato a rinunciare al denaro, e Mary ovviamente non la prende bene. Alla fine però cambierà idea e accetterà l’eredità, anche grazie a una lettera scritta dal padre di Lavinia, in cui si viene a sapere che era a conoscenza di ciò che Matthew aveva fatto a Lavinia, e che nonostante ciò aveva deciso di nominarlo suo erede. Quindi Downton Abbey è salva e Matthew incomincia a collaborare con Robert alla gestione della tenuta.
Nel frattempo la capocameriera Anna continua nelle sue indagini per scarcerare suo marito Bates, e alla fine ci riesce, anche se tra mille difficoltà. Infatti la vicina di casa della signora Bates, la signora Bartlett,alla fine testimonia in favore di Bates, che viene sollevato da ogni accusa.
Ma a ravvivare l'atmosfera a Downton Abbey c'è il forte contrasto nato tra la signorina O'Brian e Thomas, causato dall'assunzione come cameriere del nipote della signorina O'Brian.
Intanto Edith e sir Anthony si fidanzano, nonostante la poco velata opposizione dei parenti di lei. Vengono quindi fissate le nozze, ma proprio quando i due promessi sposi giungono di fronte all'altare, sir Anthony ci ripensa, gettando nella più completa disperazione Edith.
Ma la vera tragedia deve ancora verificarsi. Sybil e Branson giungono a Downton dopo che lo stesso Branson si era andato a cacciare in un brutto guaio in Irlanda, per cui Sybil è costretta a partorire lì. Quando giunge il momento del parto però,è subito evidente che qualcosa non va, e il dottor Clarckson, il medico di famiglia che rileva i  sintomi dell'eclampsia. Ma Robert, non fidandosi del dottore, ha chiamato un luminare della medicina, Sir Philip Tapsell, che invece dice loro che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Sybil partorisce una bambina, ma nella notte muore proprio a causa di un attacco di eclampsia.

Il cast della terza stagione
A questa tragedia segue un periodo molto travagliato per l'intera famiglia, soprattutto per Robert: sua moglie Cora infatti lo incolpa della morte della figlia per non aver dato ascolto al dottor Clarckson, mentre Matthew comincia a criticare il modo in cui è gestita la tenuta. Ci sono poi attriti anche con Branson, che vuole un battesimo cattolico per la figlia.
Intanto nella "guerra" tra Thomas e la signorina O'Brian ha la meglio quest'ultima, tanto da riuscire quasi a far cacciare Thomas da Downton Abbey.
Lentamente però ognuna di queste tensioni si allenta: Cora e Robert si riappacificano, anche grazie all'intervento di Lady Violet, e anche i rapporti con Matthew e Branson. Edith comincia a lavorare come opinionista per un giornale, nonostante l'opposizione del padre, e conosce Michael Gregson (Charles Edwards), che si innamora di lei. Peccato però che sia già sposato… Inoltre Mary riesce finalmente a rimanere incinta.
Arriviamo così all'ultima puntata della serie: la situazione economica di Downton Abbey migliora grazie all'intervento di Matthew e Branson, e Mary partorisce un figlio maschio, ossia il futuro erede di Downton Abbey. Tutto sembra andare a gonfie vele, ma nelle ultime scene di questa stagione, assistiamo alla scioccante morte di Matthew in un incidente stradale.

Di certo non si può dire che questa stagione di Downton Abbey sia stata avara di colpi di scena. La morte di due personaggi importanti per la serie ha avuto e avrà importanti ripercussioni sulle prossime stagioni, soprattutto per quanto riguarda la morte di Matthew. Infatti sono molto curioso di vedere come un tale personaggio verrà rimpiazzato, perché diversamente da Sybil, che ha sempre avuto un ruolo più marginale, Matthew si può dire che è stato il protagonista principale, assieme a Mary, delle prime due stagioni.

Michael Gregson, interpretato da Charles Edwards,
è praticamente l'unico personaggio nuovo della serie.
Per il resto, mi sento di dire che la qualità a livello di recitazione, regia e sceneggiatura rimane molto alta, anche se in più di un occasione ho percepito alcune forzature a livello di sceneggiatura. Comunque nulla che pregiudichi l'ottimo giudizio che ho di questa stagione.
A differenza delle precedenti stagioni, le prime otto puntate della terza stagione si sviluppano in un range temporale di pochi mesi, dal Marzo del 1920 al Settembre dello stesso anno. Solo con l'ultima puntata, "Un viaggio nelle Highlands", si osserva un salto temporale più ampio, di circa un anno (si svolge infatti nel Settembre del 1921).
Mentre scrivevo queste righe mi sono soffermato a pensare alla figura di Edith e allo strano ribaltamento dei ruoli che si è generato al termine di questa stagione. Se alla fine della seconda stagione Edith appariva delle tre la sorella sfigata, dopo la morte di Sybil e Matthew viene invece da pensare che tutto sommato quella fortunata è lei, tanto che ha pure un corteggiatore.

Comunque , a parte questa personale osservazione di scarsa importanza, ritengo che proprio uno dei punti di forza della serie sia quello di aver creato dei personaggi che si possono amare o odiare, ma che è quasi impossibile che possano lasciare indifferenti gli spettatori. Per questo motivo appena mi sarà possibile andrò a vedermi la quarta stagione di questa splendida serie.

domenica 1 giugno 2014

Shining (1977)

Stephen King verso la fine
degli anni '70.
Ultimamente mi capita spesso di rileggere libri o rivedere film che ho già letto oppure visto in passato, e nella maggior parte dei casi devo ammettere di essere rimasto un po' deluso,probabilmente perché le aspettative che avevo erano troppo alte. Immagino che crescendo (o dovrei dire invecchiando?) cambiano i gusti e i punti di vista, tanto da ritrovarmi molto spesso a non apprezzare più  quello che invece ho molto apprezzato da adolescente.
Un'eccezione a tutto questo riguarda il romanzo Shining (1977), di Stephen King, che penso di aver letto quindici o sedici anni fa; ricordo di non aver trovato il romanzo particolarmente pauroso, ma al termine della lettura ricordo altrettanto chiaramente di essermi sentito soddisfatto.
Ora, sapendo dell'uscita di Doctor Sleep, il nuovo romanzo di Stephen King che ha per protagonista lo stesso bambino che appare in Shining, ho deciso di andare a rileggerlo, non senza una punta di timore. Mi avrebbe soddisfatto come aveva fatto almeno quindici anni fa?
La risposta penso di averla già data… ma parliamo un po' del romanzo.

Siamo nel 1976 e la famiglia Torrance non se la passa troppo bene. Jack, scrittore fallito con un passato da alcolista, era riuscito a rimediare un lavoro come insegnante, ma un giorno perde la testa e picchia a sangue uno studente. Ovviamente viene licenziato, e la famiglia si ritrova in un bel guaio. Per fortuna arriva in soccorso un amico di Jack che gli offre il posto di guardiano di un hotel di lusso sulle Montagne Rocciose per tutto il periodo invernale. Lui e la sua famiglia si sarebbero ritrovati completamente isolati dal resto del mondo per tutto l'inverno, ma quel lavoro avrebbe allo stesso tempo risolto i loro problemi economici.
All'inizio del romanzo quindi ritroviamo Jack a colloquio con il direttore dell'hotel; quest'ultimo non appare molto convinto di Jack, ma ha ricevuto chiari ordini dall'alto che non può contravvenire, e quindi lo assume. Il lavoro non è particolarmente difficile: la principale occupazione di Jack è quella di tenere d'occhio la caldaia, perché si tratta di un modello molto vecchio, e fare in modo che a turno tutte le parti dell'Overlook Hotel vengano riscaldate, in modo da minimizzare i danni che il gelo avrebbe inevitabilmente provocato durante l’inverno.
Copertina della prima edizione
italiana
A questo punto King se la prende con molta calma, e ci vorranno circa un centinaio di pagine prima di vedere l'intera famiglia insediata nell'albergo. Ma tutto questo è necessario, perché in questi primi capitoli King ci tratteggia le personalità e le debolezze dei protagonisti del romanzo. Del passato di Jack ho già accennato, mentre di Wendy scopriamo che è una donna sveglia ma insicura, soprattutto nella gestione del suo rapporto problematico con il marito, e che prova un amore smisurato nei confronti del figlio Danny di cinque anni. Quest'ultimo è il personaggio più interessante, in quanto possiede uno strano potere che gli consente di avere percezioni riguardo a fatti futuri o a eventi accaduti in passato, e di percepire cosa pensano le persone che lo circondano. Grazie a questo è al corrente di quanto sta accadendo tra i genitori, dei problemi di alcolismo del padre, e incomincerà ad avere fosche visioni di eventi futuri, che però è ancora troppo piccolo per comprendere e interpretare correttamente.
La famiglia Torrence giunge all'Overlook Hotel proprio nel giorno di chiusura, quando gli ultimi clienti e ciò che rimane del personale stanno per lasciare l'albergo. Fondamentale in questa occasione l'incontro tra Danny e il cuoco dell'hotel Dick Hallorann, che possiede lo stesso potere del bambino, e che lui chiama "shining" ("luccicanza" in italiano)  anche se in lui non è altrettanto potente. Dick mette in guardia Danny dei pericoli all'interno dell'hotel, e gli dice che in caso di necessità avrebbe dovuto utilizzare i suoi poteri per mettersi in contatto con lui, che sarebbe giunto in soccorso.
Le prime settimane sembrano scorrere serene: Jack è tornato a scrivere la commedia su cui lavorava da anni e il rapporto tra Wendy e Jack sembra farsi più saldo. In realtà l'influsso malefico dell'hotel incomincia a farsi strada, soprattutto nella mente di Jack, e le cose precipitano quando l'hotel rimane completamente isolato a causa della neve. L'hotel sfrutta la principale debolezza di Jack, cioè l'alcool, per convincerlo a uccidere la moglie ma soprattutto il figlio, in quanto l'hotel pare essere particolarmente attratto dai poteri di Danny. In cambio l'Overlook promette a Jack di entrare a far parte dell'hotel, come del resto era successo a tutte le persone che erano decedute lì.
Anche Danny avverte che i fatti stanno precipitando e chiama Dick Hallorann, il quale corre in suo soccorso.
A questo punto la situazione si fa sempre più pericolosa per Wendy e Danny, ma anche per lo stesso Hallorann, perché ormai Jack è completamente posseduto dallo spirito malefico dell'hotel.
Alla fine Jack non riuscirà a portare a termine i suoi sanguinari propositi, e morirà nell'esplosione che decreta la fine dell'Overlook Hotel, mentre Wendy, Danny e Hallorann riusciranno a mettersi in salvo.
 
Una delle prime edizioni in
lingua originale.
Su questo romanzo si sono già spesi fiumi di inchiostro, in particolare nella famosa e penso irrisolta diatriba con il film omonimo di Kubrick, per cui credo sia difficile se non impossibile dire qualcosa di nuovo e originale su di esso.
Mi limiterò quindi a esprimere quelle che sono state le mie impressioni durante la lettura. Essendo anni che non leggevo più un libro di King, ammetto che ho avuto bisogno di un po' di tempo per riabituarmi alla logorrea che caratterizza l'autore, ma le abilità narrative di King sono fuori discussione: è impossibile non venire catturati dalla narrazione della storia. Quello che ho apprezzato molto del romanzo è l'approfondita caratterizzazione dei personaggi, che secondo me sono tra i migliori usciti dalla mente di King. Qui non c'è il personaggio buono e quello cattivo, ma personaggi con i propri difetti e soprattutto le proprie debolezze, e questo li rende particolarmente realistici, e quindi è quasi immediato empatizzare con loro.
L'aspetto soprannaturale è presente fin dall'inizio e viene sfruttato con giudizio evitando buchi logici troppo evidenti. Al contrario la malvagità dell'hotel si manifesta molto lentamente, e solo quando incomincia a palesarsi la possibilità che il bambino lasci l'Overlook diventa sempre più insistente  fino al crescendo finale.
Ecco, forse il finale è la parte più debole del romanzo. In realtà è un problema comune a tanti altri romanzi di King: è molto bravo nello sviluppo della storia e nell'approfondire i personaggi, ma molto spesso non riesce a sviluppare una conclusione all'altezza. Con questo non voglio dire che sono rimasto deluso dal finale, ma effettivamente mi aspettavo qualcosa di più.

In conclusione, ritengo Shining uno dei migliori libri di Stephen King, e ne consiglio vivamente la lettura.

Ora sono molto curioso di leggere questo nuovo romanzo, Doctor Sleep,che ha per protagonista un Danny Torrance ormai adulto, ancora alle prese con questo suo bizzarro potere.

Impiccali più in alto (1968)

Locandina originale del film
Dopo l'enorme successo internazionale ottenuto recitando nella mitica "Trilogia del dollaro", Clint Eastwood nel 1968 si dedica ancora una volta nel cinema western recitando come protagonista nel film Impiccalo più in alto (Hang 'em high) diretto da Ted Post, con cui avrebbe lavorato successivamente anche in Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan. In realtà la prima opzione alla regia era Sergio Leone, che però era già occupato alla lavorazione di un altro capolavoro del cinema western, C'era una volta il West.

Il film è ambientato nei territori dell'Oklahoma, nel 1889, e le prime scene mostrano Jed Cooper (Clint Eastwood), un ex vicesceriffo che ha deciso di darsi all'allevamento di bestiame,  che viene fermato da una banda formata dal Capitano Wilson (Ed Begley), Reno (Joseph Sirola), Miller (Bruce Dern), Jenkins (Bob Steele), Matt Stone (Alan Hale Jr.), Charlie Blackfoot (Ned Romero), Maddow (Russell Thorson), Tommy (Jonathan Lippe) and Loomis (L. Q. Jones). Questi lo accusano di aver rubato il bestiame, ma senza attendere un giusto processo decidono di eseguire immediatamente la sua impiccagione. Jed si salva miracolosamente grazie all'intervento dello sceriffo Dave Bliss (Ben Johnson), e portato di fronte al giudice Adam Fenton (Pat Hingle), viene riconosciuto innocente e viene nominato sceriffo. Da questo punto in poi l'unico obbiettivo di Jed è quello di identificare e catturare coloro che avevano tentato di linciarlo.

Il cast del film è di tutto di rispetto: infatti oltre al protagonista Clint Eastwood, troviamo anche altri grandi interpreti del cinema western: Ben Johnson per esempio ha lavorato in importanti western come Rio Grande (1950) e Il mucchio selvaggio (1969). Stesso discorso per Bruce Dern, che ha spesso interpretato il ruolo di cattivo in diversi film western, tra cui I giustizieri del west (1975). Nel film inoltre fa una breve apparizione anche Dennis Hopper (attore e regista del famoso Easy Rider).

Ecco come veniva applicata la legge nel West...
Il film si sviluppa attorno alla sete di vendetta del protagonista, ma cerca di approfondire anche il rapporto a volte discutibile tra giustizia e violenza. Questo dilemma è impersonato nella figura del giudice  Fenton, che offre una visione molto violenta della giustizia. Infatti non esita a dichiarare che qualunque forma di clemenza verrebbe recepita dalla popolazione come una scusa per non rispettare la legge.
Il personaggio del giudice Fenton è ispirato a un giudice realmente esistito, il giudice Isaac Parker, che per lo zelo con cui condannava gli imputati alla forca, era soprannominato The Hanging Judge. Parker operò a Fort Smith in Arkansas e la sua giurisdizione comprendevano anche i territori dell'Oklahoma, che a fine ottocento erano ancora un territorio di frontiera, sede anche di molte riserve indiane. Un altro aspetto storico che viene messo in evidenza dal film era la difficile e pericolosa attività dello sceriffo federale che operava nei territori di frontiera.
Impiccalo più in alto è il primo film prodotto dalla società di produzione Malpaso Production di proprietà dello stesso Eastwood, fondata nel 1968 e ancora in attività.

Nel film è possibile avvertire tracce delle atmosfere che caratterizzano i western di Sergio Leone, in gran parte proprio per la presenza di Clint Eastwood che interpreta un personaggio molto simile al cavaliere senza nome dei film di Leone. A parte questo però, il livello complessivo è nettamente inferiore, anche se per quanto detto in precedenza, ritengo che valga comunque la pena vederlo.
 
La locandina italiana
del film
STORIA:  la storia non presenta nulla di particolare e non è molto originale, ma ho apprezzato i tanti riferimenti a personaggi e eventi storici. 6/10

PERSONAGGI: Eastwood ripropone in larga misura lo stesso personaggio visto nei film della Trilogia del dollaro, anche se qui non vaga libero per il west ma è a tutti gli effetti un uomo di legge. Interessante la figura del giudice Fenton, mentre i cattivi del film ritengo siano stati un po' trascurati.  6/10

COMPONENTE FEMMINILE: praticamente inesistente, se si escludono le prostitute del bordello locale e dal personaggio di Rachel Warren (Inger Stevens), che però sembra messo lì giusto perché un personaggio femminile ci vuole sempre. 4/10

AMBIENTAZIONE: non è sfruttata al massimo, anche perché gran parte del film si svolge all'interno di paesi piuttosto anonimi. 5/10

SPARATORIE: le scene d'azione breve e non risultano particolarmente entusiasmanti, ma nel complesso sono ben organizzate. 6/10


COLONNA SONORA: nel complesso mi è piaciuta, anche se in certi casi, l'ho trovata un po' troppo invadente. 5/10

venerdì 30 maggio 2014

Hollywood Party (1968)

Poster del film
Hollywood Party è un bel film del 1968 che purtroppo è finito nel dimenticatoio (come tanti altri bei film dei tempi passati), ma che rimane uno dei film migliori per quanto riguarda il genere comico, e in particolare quello delle gag, di cui il regista Blake Edwards è stato uno dei migliori interpreti (basterebbe citare il suo film più famoso, cioè La pantera rosa).
Il titolo originale è The Party, e bisogna fare attenzione a non confondersi con un altro film che si chiama appunto Hollywood Party che è un musical americano del 1934.

Nel complesso la trama del film può essere riassunta in poche righe. Un imbranatissimo attore indiano, Hrundi V. Bakshi (interpretato da uno straordinario Peter Sellers), è stato ingaggiato a Hollywood come comparsa in un film, ma viene cacciato proprio durante le riprese a causa della sua tremenda goffaggine.
Il regista però non si limita a cacciarlo, ma comunica il nome dell'attore al produttore del film con l'intento di impedirgli di lavorare ancora nel mondo del cinema. Purtroppo il produttore si appunta il nome dell'attore indiano sullo stesso foglio in cui era riportata la lista degli invitati a un party nella propria villa.
Bakshi ovviamente accetterà l'invito, e non appena varcherà la soglia della lussuosa villa, si susseguiranno una serie continua di situazioni comiche, complici anche lo strampalato personale di servizio e gli invitati alla festa.
Peter Sellers in versione... indiana
In generale Bakshi viene praticamente ignorato da quasi tutti gli invitati e da tutto il personale, e per gran parte del film lo vedremo girovagare per la grande casa caratterizzata da un'architettura particolare, che per esempio comprende una sorta di ruscello che percorre il salone principale. Solo Michèle Monet (Claudine Longet), una cantante francese con il sogno di fare l'attrice, sembra provare simpatia verso l'attore indiano, e non esiterà a gettarsi in piscina per salvare Bakshi, che era finito in piscina al termine di una delle tante gag in cui era rimasto coinvolto.
Il colpo di grazia alla festa viene dato dall'arrivo imprevisto della figlia del produttore assieme a un piccolo elefante imbrattato di scritte di protesta; Bakshi protesterà per il trattamento riservato al povero animale, e la ragazza in compagnia dei suoi amici deciderà di lavare l'elefante riempiendo di schiuma l'intera villa.

Come ho già detto all'inizio, ritengo Hollywood Party un bel film, anche se probabilmente non adatto a tutti. Infatti, nonostante le tante gag che si susseguono durante il film, il ritmo spesso rallenta e questo può risultare noioso, specialmente agli occhi del pubblico moderno. Inoltre a differenza della comicità moderna, che sembra non riuscire a fare a meno di sfociare nella volgarità più becera, qui non si scade mai nel turpiloquio o in scene volgari, e anche questo potrebbe non facilitarne l'apprezzamento da parte di un pubblico moderno.
La fantastica Morgan "Three-Wheelers" guidata da
Peter Sellers nel film. 
In generale ho sempre trovato particolarmente interessanti film o romanzi in grado di svilupparsi in contesti ristretti, e questo film ne è un esempio perfetto, svolgendosi quasi del tutto all'interno della villa, con una gestione quasi teatrale delle scene.
Infine credo che chiunque abbia visto il film, non possa non aver notato l'automobile con cui Bakshi si reca alla festa. Si tratta di un autociclo prodotto dalla Morgan negli anni '20 appartenente alla serie Three-Wheelers, ossia è dotata di tre ruote.


Per concludere un bel film leggero di cui consiglio assolutamente la visione.

giovedì 29 maggio 2014

Infernalia - Books of blood - Volume one (1984)

Infernalia è il titolo italiano che si è scelto di dare al primo dei Libri di sangue pubblicato da Clive Barker nel 1984. Il libro è composto da cinque racconti anticipati da una sorta di breve prologo. All'epoca i Libri di sangue ebbero un immediato successo, e da diversi racconti sono stati tratti anche dei film, in alcuni casi diretti dallo stesso Clive Barker.
Ricordo di aver letto tanti anni fa uno dei Libri di sangue, e benché non abbia un ricordo molto nitido dei racconti contenuti in quel libro, mi è comunque rimasto un ricordo positivo di quanto avevo letto. Per questo motivo ho deciso di leggermi tutti i Libri di sangue, a partire dal primo.
Onestamente devo dire di essere rimasto abbastanza deluso; non tanto nelle storie in sé, che comunque non mi hanno fatto una grande impressione, o comunque non tanto da giustificare un tale successo, ma piuttosto nel modo in cui sono state scritte.

Clive Barker negli anni '80
Barker ha uno stile particolare, che però nel complesso mi ha parecchio infastidito; da un lato sembra ricercare un tono quasi aulico, ma fallisce non riuscendo a dare la giusta fluidità al testo e sembrando sempre un po' sopra le righe, mentre dall'altro lato si lascia andare in più di un'occasione a una fastidiosa sciatteria, soprattutto nelle descrizioni.
Per esempio nel racconto "Mai dire maiale" si trova questa frase:

 "Altri arrivarono da dietro l'angolo. Due ragazzi e un'infermiera, una creatura alquanto brutta."

Non dico che doveva dilungarsi in una descrizione ultra dettagliata dell'infermiera, ma un piccolo sforzo in più poteva farlo: è questo che intendo quando dico che a volte lo stile di Barker appare sciatto. Un altro esempio, tratto dall'ultimo racconto del libro, è il seguente: 

"La strada si andava rapidamente deteriorando, le buche diventavano crateri, le gibbosità facevano sussultare l'automobile come se le ruote passassero su corpi umani."

Perché fare un paragone di questo tipo? Non penso capiti molto spesso di passare con la macchina sopra dei corpi umani (o almeno, lo spero…), e quindi viene da pensare che l'abbia usata giusto per aggiungere un aspetto macabro in un punto del racconto dove ciò non era necessario.
Avendolo letto in italiano però, mi rimane il dubbio che parte di questo scempio dipenda da una traduzione fatta un po' con i piedi, e quindi mi riserbo di fare ulteriori valutazioni in merito dopo la lettura degli altri Libri di sangue.

Il libro si apre con un breve racconto intitolato "Il libro di sangue" (The book of blood). In questo breve preambolo viene narrata l'origine dei libri di sangue. In una imprecisata casa un falso medium finge di potersi mettere in contatto con i morti, fino a quando la barriera che divide la nostra realtà con l'aldilà non si squarcia e la stanza in cui opera il finto medium viene invasa da una lunga schiera di spiriti che hanno tanta voglia di comunicare le loro storie. E lo faranno, incidendo parola per parola le loro storie sul corpo del giovane malcapitato. Ritengo questo brano una delle cose migliori di questa antologia; purtroppo però il resto dell'opera raramente riesce a raggiungere la stessa qualità.

Il racconto successivo si intitola "Macelleria mobile di mezzanotte" (The midnight meat train): un misterioso ed efferato killer si aggira per New York mietendo vittime, preferendo svolgere tale attività all'interno dei vagoni ferroviari. Proseguendo nella lettura del racconto si scoprirà che l'uomo è al servizio di una nutrita schiera di esseri mostruosi che si cibano di carne umana e vivono nelle profondità di New York. La storia è abbastanza piacevole da leggere nonostante i continui cambi di punto di vista che un po' disturbano, ma nel complesso non mi ha particolarmente entusiasmato, più che altro per il finale che ho trovato piuttosto scontato. Nel 2008 da questo racconto è stato tratto il film Prossima fermata - L'inferno.

Locandina del film tratto da
Macelleria mobile di mezzanotte
Segue "Il Ciarliero e Jack" (The Yattering e Jack). A un demone viene assegnato un compito all'apparenza molto semplice: far cadere nella più completa disperazione un uomo che pare essere insignificante. In realtà l'uomo è tutt'altro che un ingenuo e per il demone il compito si dimostrerà davvero arduo…  Anche dopo aver completato la lettura del racconto faccio fatica a capire se si tratta di un racconto comico o di un racconto dell'orrore. Nel primo caso direi che il racconto non è affatto male, perché ci ho trovato diversi spunti comici che sono riusciti a strapparmi qualche sorriso. Un problema che ho riscontrato e che non mi ha permesso di godermi fino in fondo il racconto è che l'autore rivela quasi subito il "trucco" attorno al quale si svolge la storia, quando invece avrebbe fatto meglio ad attendere il finale.

Il titolo originale del quarto racconto è Pig blood blues, ma in italiano si è deciso di tradurlo in "Mai dire maiale". Ma che cavolo di titolo è? Perché non lasciare il titolo originale? Comunque, a parte questo, nella storia un ex poliziotto viene assunto in un riformatorio dove però si accorge fin da subito che accadono fatti strani, che ruotano intorno a un enorme maiale in cui si è reincarnato un ex inquilino del riformatorio. Questa è la storia che mi è piaciuta di meno, anche perché penso che in questo caso l'autore non è stato in grado di sfruttare al meglio il contesto della prigione che di solito offre ottime possibilità e spunti nel genere horror. Ritengo che la storia poteva essere approfondita di più e sviluppata meglio, magari con un finale un po' meno prevedibile.

Il penultimo racconto si intitola "Sesso, morte e stelle" (Sex, death and starshine). La storia si svolge all'interno dell'Elysium Theather in cui si sta per svolgere la sua ultima rappresentazione prima di essere chiuso per sempre. Per tale occasione, vecchi attori e impresari che nel passato avevano fatto grande il teatro, ritornano in vita per dare una degna "morte" all'Elysium. Personalmente il migliore racconto di questa antologia; per carità, non si tratta di nulla di straordinario, ma l'ho trovato ben equilibrato e in generale il più curato dell'antologia.

Copertina dell'edizione italiana
di Infernalia.
Sesto e ultimo racconto dell'antologia è "In collina, le città" (In the hills, the cities): ambientato nella ex Jugoslavia, descrive una singolare sfida tra due cittadine confinanti dell'entroterra. In sostanza ogni dieci anni l'intere popolazione di ciascuna città si riunisce per formare un gigante dalla forma umana, formato dai corpi dei cittadini che si vanno a legare fra loro per formare i tessuti e gli organi del gigante. Poi, una volta formati, i due giganti si dovranno sfidare in combattimento. Nel racconto però qualcosa va storto nell'assemblaggio di uno dei giganti, che collassa subito su se stesso uccidendo tutti gli abitanti, mentre l'altro gigante fugge via in preda alla follia. E tutto questo sotto gli occhi di una coppia americana in vacanza nell'ex Jugoslavia…
A mio parere è l'unico racconto in cui si avverte una forte dose di originalità, che poteva essere davvero un gran bel racconto se fosse stato narrato con maggiore cura, magari evitando di soffermarsi un paragrafo sì e un paragrafo no sui i soliti cliché del genere horror. C'è chi è riuscito a dare una lettura politica all'intero racconto: qui per esempio potete trovare un bell'articolo che mette in relazione il racconto con il concetto di Stato sviluppato da due diversi filosofi, Hobbes e Schmitt.

In definitiva è stata una lettura abbastanza deludente, e da questo punto di vista il fatto che si sia trattato di un'antologia mi ha sicuramente aiutato ad arrivare alla fine del libro. Comunque non ho problemi ad ammettere che gli ultimi due racconti sono riusciti a risollevare in parte l'opinione che mi sono fatto di questo primo Libro di sangue.

È comunque il primo di una serie di libri, che ho comunque intenzione di provare a leggere, nella speranza che la qualità dei racconti migliori.

mercoledì 28 maggio 2014

Rio grande (1950)

Poster Rio grande
Rio Grande è un classico del cinema western diretto da John Ford nel 1950 e che ha come protagonista il grande John Wayne.
Si tratta del terzo film della famosa "trilogia della cavalleria" di John Ford, che comprende anche Il massacro di Fort Apache (1948) e I cavalieri del Nord Ovest (1949).
In Italia, per motivi a me incomprensibili, il titolo è diventato Rio Bravo, che è il titolo di un altro film western sempre con John Wayne del 1959 che in Italia è stato tradotto col titolo "Un dollaro d'onore".

Il film è ambientato nel 1879 sulla frontiera tra Texas e Messico dove il colonnello Kirby Yorke (John Wayne) guida un avamposto della cavalleria, con l'ordine di fronteggiare le ripetute e selvagge scorribande degli indiani.
Un giorno il figlio del colonnello, Jefferson Yorke (Claude Jarman Jr.), arriva al campo assieme a un gruppo di nuove reclute. Il ragazzo aveva provato a intraprendere la carriera da ufficiale, ma fallisce gli esami a West Point, per cui ha deciso di proseguire la sua carriera militare come soldato semplice. Inizialmente il colonnello Yorke cerca di mantenere un atteggiamento distaccato nei confronti del figlio, ma in più di un occasione si abbandona ad atteggiamenti protettivi. Comunque sul campo il ragazzo dimostra di essere un buon soldato, ma a questo punto al campo giunge la madre di Jefferson, Kathleen Yorke (Maureen O’Hara), intenzionata a riportarlo a casa. Ovviamente non è così semplice, perché la richiesta deve essere sottoscritta dallo stesso Jefferson, che appare molto risoluto nel continuare per la propria strada, e l'autorizzazione deve essere concessa dal colonnello Yorke.
La famiglia Yorke al completo.
È evidente fin dal primo momento che la situazione tra Yorke e la moglie è alquanto complessa: da un lato c'è ancora una forte attrazione tra loro, ma la moglie non ha ancora perdonato quanto accaduto 15 anni prima durante la campagna della Valle dello Shenandoah, quando il colonnello Yorke, ubbidendo a ordini superiori, dette fuoco a molte fattorie sudiste, tra cui quella della famiglia di sua moglie.
Durante l'addestramento veniamo a scoprire anche che una delle nuove reclute, il soldato Tyree (interpretato da Ben Johnson, che avrà una lunga carriera che lo porterà a recitare anche con Clint Eastwood, nel 1968, in Impiccalo più in alto), è accusato di omicidio, ma riesce a fuggire prima che lo sceriffo riuscisse a catturarlo.
A un certo punto gli indiani attaccano il campo; la cavalleria risponde all'attacco, ma per l'ennesima volta il colonnello York deve desistere dallo sferrare l'attacco finale agli indiani perché costretto a fermarsi sulle sponde del Rio Grande, al confine con il Messico.
Poi finalmente il generale Sheridan (J. Carrol Naish)concede a York questa possibilità, a patto che se ne assuma tutte le responsabilità, soprattutto in caso di esito negativo. Per York è l'occasione che attendeva da una vita: organizza una spedizione al di là del Rio Grande, mentre il resto della cavalleria avrebbe scortato la carovana di donne e bambini fino a Fort Bliss.
Purtroppo sono quest'ultimi a vedersela con gli indiani, che riusciranno anche a rapire un gruppo di bambini. Per fortuna il soldato Tyree, in precedenza fuggito dal campo, intercetta gli indiani in fuga scoprendo il loro nascondiglio. Non solo: una volta raggiunto il colonnello York, si offre volontario come avanguardia nella missione di recupero dei bambini. York accetta l'offerta, concedendogli di scegliere le persone da portare con sé in questa pericolosa missione; tra le persone scelte da Tyree, c'è anche Jefferson.
Il soldato Tyree in azione contro gli indiani.
La missione di recupero è un pieno successo, anche se il colonnello York rimane ferito da una freccia; Jefferson riceve un'onorificenza mentre Tyree, con l'aiuto del colonnello, riesce ancora una volta a fuggire allo sceriffo che ha alle calcagna.

Rio Grande è un film che appartiene all'epoca classica del cinema western, dove gli indiani erano i cattivi e l'uomo bianco rappresentava sempre la parte buona. Non dico questo con tono polemico; piuttosto si tratta di una semplice osservazione che resta valida per la gran parte del cinema western prodotto negli anni '50.
Il film, oltre per l'ottima regia e gli scenari spettacolari nonostante il bianco e nero, è ricordato soprattutto perché presenta per la prima volta la coppia formata da John Wayne e Maureen O'Hara.
La coppia appare fin da subito molto affiatata, con John Wayne veramente a proprio agio nel ruolo del colonnello della cavalleria strenuamente ligio al suo dovere, mentre la O'Hara è molto convincente nel ruolo della fiera e aggressiva donna del Sud.
I due reciteranno insieme in altri quattro film: Un uomo tranquillo (1952), Le ali delle aquile (1957), McLintock! (1963 e Il grande Jake (1971).
Una cosa interessante in questo film è l’inserimento nella storia di personaggi e fatti reali, che collocano il film in un preciso contesto storico. In particolare mi riferisco al Generale Philip Sheridan, che è realmente esistito ed è stato un protagonista della campagna della Valle dello Shenandoah nel 1864 e, a guerra di Secessione terminata, ebbe un ruolo determinante nelle guerre indiane.
 
Un'immagine del vero generale
Philip Sheridan
STORIA:  la storia è ben gestita e mescola in modo armonioso scene di azione con momenti più tranquilli, per la maggior parte incentrati sul rapporto tra Yorke e la moglie. In generale comunque la storia è piuttosto lineare e piacevole da seguire. 7/10

PERSONAGGI: John Wayne è semplicemente perfetto nel ruolo del protagonista, e anche il resto del cast si comporta ottimamente. Personalmente ho apprezzato molto il personaggio del soldato Tyree, che con il suo atteggiamento un po’ guascone fornisce una maggiore vitalità al film, soprattutto nelle parti più salienti. 7/10

COMPONENTE FEMMINILE: l’unica protagonista femminile è interpretato da Maureen O’Hara, che regge bene la scena, anche considerando che praticamente l’intero film si svolge all’interno di un campo militare. 7/10

AMBIENTAZIONE: che dire, la Monument Valley riesce ad apparire straordinaria anche in immagini in bianco e nero. 8/10

SPARATORIE: le scene d'azione in realtà non sono tante ma a mio parere sono ben gestite, soprattutto per quanto riguarda l’attacco da parte degli indiani al convoglio di donne e bambini e anche l’attacco finale della cavalleria al rifugio indiano. Certo, oggi fanno un po’ sorridere le parti in cui le scene sono state volutamente velocizzate per dare più dinamicità agli scontri a fuoco, ma sarebbe ingiusto non tenere in considerazione che si tratta di un film girato nel 1950. E comunque rimane un punto a favore il fatto che anche nelle scene più frenetiche lo spettatore è sempre in grado di capire chi spara a chi e più in generale cosa sta succedendo. 8/10

COLONNA SONORA: onestamente ho trovato un po’ eccessive le parti cantate, e anche un po’ noiose. Ma come detto in precedenza, va tenuto conto che probabilmente questo era ciò che invece piaceva al pubblico dell’epoca. 6/10